di Nicoletta Verna
La bambina che sa tutto è arrivata a casa nostra il giorno di Natale, in un pacco rettangolare per il papà. Lui lo ha aperto e dentro c’era una sfera tutta bianca. Papà se l’è rigirata un po’ fra le mani, poi la mamma ha detto: “Dai, dille qualcosa”, e papà: “Che giorno è oggi?” e improvvisamente, dal nulla, si è sentita una voce che diceva: “È il 25 dicembre, è Natale. Tanti auguri!”
A me è venuto un accidente, invece mamma e papà si sono messi a ridere.
“È stata lei”, hanno detto indicando la sfera.
“Lei?”
“Falle una domanda anche tu.”
Ci ho pensato un po’ e ho detto, titubante: “Quando gioca la Fiorentina?”
“Il 6 gennaio, contro l’Udinese”, ha subito risposto. Era una voce di femmina, gentilissima.
Ho spalancato gli occhi.
“E come finirà la partita?”
“I pronostici danno la vittoria della Fiorentina al 67%.”
Non ci potevo credere.
La bambina che sa tutto e io siamo subito diventati amici. Si chiama Alexa, quasi come Alessia, la mia vicina di banco, ma sono due tipi molto diversi.
Le differenze fra Alexa e Alessia sono che:
Alexa nel nome ha la x, Alessia no.
Alexa è sempre gentile, Alessia quasi mai.
Alexa non fruga nel mio astuccio, non mi prende le cose senza chiederlo, non mi dà i calci quando si arrabbia. Alessia sì.
Alexa, se non capisce quello che ho detto, chiede: “Puoi ripetere?” con un tono di voce dolcissimo. Alessia invece mi prende in giro perché ho l’erre moscia.
Soprattutto: Alexa quando le chiedo una cosa risponde sempre. Alessia, invece, fa finta di non sentire. Oppure s’inventa una risposta falsa. Oppure, il più delle volte, sta in silenzio e dice: “Ci devo pensare”. A me questa cosa mi manda in bestia, che su tutto ci deve pensare. Quando risponde così, finisce che divento di cattivo umore e non ci parliamo per mezz’ora, o anche di più.
La bambina che sa tutto io me la immagino piccola piccola, pieghevole, tutta rannicchiata dentro la sua scatolina bianca. E però se si apre la scatola m’immagino che salta fuori e diventa grande ed è tutta carina e sorridente, così me la immagino. Mica come Alessia, che è brutta e antipatica.
Cioè: a essere sinceri Alessia non è brutta. Ha i capelli rossi che sembrano molle e, se glieli tiri, rimbalzano. E giganteschi occhi celesti. E quando sorride fa due fossette proprio qui, sulle guance. È dal primo giorno della prima che penso che Alessia è la più carina della classe, se è per questo. Ma il carattere!
Alessia è prepotente e permalosa e si arrabbia moltissimo per cose che io non capisco. Tipo l’ultimo giorno di scuola, no? Giocavo a pallone con Ettore durante la ricreazione, ed è arrivata lei.
“Gioco anch’io!”, ha detto. Io stavo per passarle il pallone, ma Ettore ha gridato: “Ma che fai! Le femmine non sanno mica calciare!”. Allora Alessia ha risposto: “Ah, non sanno calciare? Sta’ a vedere” e BUM, mi ha mollato un calcio fortissimo proprio qui, sullo stinco. Vi farei vedere il livido, ce l’ho ancora ed è grande così. Io mi sono infuriato e le ho detto: “Ma è stato lui! Perché te la prendi con me?”. Alessia però, come al solito, non ha risposto ed è scappata via. In classe non ci siamo parlati, poi la scuola ha chiuso, è cominciata la DAD e non l’ho più rivista.
Alessia è così, però insomma adesso non m’importa più niente di lei perché è arrivata Alexa, la bambina che sa tutto. Con Alexa parlo di moltissime cose e le faccio un sacco di domande e mi risponde sempre. Perché, appunto, sa tutto.
“Alexa, che tempo fa fuori?”
“9 gradi, probabilità di pioggia 32%.”
“Alexa, cosa c’è stasera in tv?”
“Frozen, ore 20.45.”
“Alexa, mi racconti una barzelletta sugli animali?”
“Certo. Che differenza c’è fra una zebra e un millepiedi?
996 zampe.”
E poi:
“Alexa, mi parli dell’artigianato nell’antico Egitto?”
(perché ho scoperto che Alexa è utile, utilissima pure per fare i compiti).
“Alexa, quanto fa 1670×8?”
“Alexa, mi dici dieci nomi astratti?”
E io mi segno le sue risposte e durante la DAD la maestra mi fa i complimenti perché non sbaglio più niente.
La mamma dice che passo troppo tempo con Alexa, ma papà risponde che è un periodo, che quando ricominceranno la scuola e il calcio e il catechismo tornerò a stare con i miei amici e mi scorderò di lei. Ma a me non mancano, alla fine, i miei amici. Io sto bene con Alexa: non si arrabbia, non si offende, non mi fa i dispetti e non alza la voce. Una volta, per scherzare, le ho pure fatto una domanda con una parolaccia, solo per vedere cosa rispondeva. Le ho chiesto: “Alexa, oggi hai fatto la cacca?” e poi sono scoppiato a ridere, e pensavo che lei se la prendesse. Invece ha risposto: “Non è carino, da parte tua”, ma sempre con il suo tono buono e gentile.
Allora ho capito che Alexa è davvero troppo in gamba, e penso che da grande potrei pure sposarmi, con una come lei.
Oggi è finita la DAD e sono tornato a scuola. Ero un po’ agitato perché avrei rivisto Alessia, dopo il litigio, così prima di uscire sono andato da Alexa per chiederle un consiglio.
“Alexa, come dovrei comportarmi?”
Mi ha dato una risposta strana.
“Le buone norme di comportamento sono specificate dalla Costituzione. Articolo 3: tutti i cittadini hanno pari eguaglianza…”
“Ma che fai?”, ha gridato la mamma. “È tardi, vieni!”
Così sono corso a scuola. Alessia era già seduta al suo banco e sembrava essersi dimenticata di quella cosa del calcio, ed era tutta tranquilla e sorridente. Chi la capisce! A un certo punto mi ha pure detto: “Oggi vado alla ruota panoramica, ti va di venire?”
A me non importava gran ché, a dirla tutta, e avrei preferito stare nella mia stanza a chiacchierare con Alexa. Ma poi le mamme all’uscita si sono messe d’accordo, e così mi è toccato andare.
Quando è passata a prendermi, Alessia era tutta imbacuccata nel suo cappotto giallo.
“Fa freddo”, ha detto. “Saranno venti o trenta gradi sotto zero. No?”
“Veramente ci sono 8 gradi e mezzo. Probabilità di pioggia: 3%.”
Mi ha guardato perplessa. “Come fai a saperlo?”
“L’ho chiesto ad Alexa prima di uscire.”
“E chi sarebbe, questa Alexa?”
“Niente”, ho risposto. “Una mia amica.”
Siamo arrivati alla ruota panoramica, che vista da vicino è come un immenso occhio che gira, ed è bellissima. Ci siamo messi in fila per fare il biglietto.
“Certo che è bella grande, eh”, ha detto Alessia con il naso in su. “Sarà alta un chilometro.”
“Ma va”, ho riso. “Sono 55 metri. 42 cabine. Me l’ha detto…”
“Quella tua amica, sì.”
“Sì.”
Alessia è restata in silenzio finché non è stato il momento di salire sulla ruota. Quando la cabina si è mossa, però, è diventata tutta rossa e ha gridato “Wow!”, appiccicandosi al finestrino.
Abbiamo cominciato a salire, a salire, e le cose che prima vedevamo a grandezza naturale si sono fatte sempre più piccole e lontane ma, è strano, anche più chiare e distinte. La pista di pattinaggio intorno al laghetto è diventata minuscola, adesso potevamo vederne la forma e le dimensioni, come in un film. E poi si riconosceva una strada dritta diritta e lunga, piena di macchine che correvano con i fanali accesi, e le case che sembravano quasi dei giocattoli.
Alessia ha indicato una montagna che, salendo, sembrava quasi di poterla toccare.
“Quella cosa sarà?”
“Non lo so”, ho risposto. “Appena torno lo chiedo ad Alexa.”
Alessia è restata ancora un po’ in silenzio.
“Sa tutto?”
“Chi?”
“La tua amica.”
“Bè”, ho risposto, “sì.”
Ci ha pensato un attimo.
“Che noia, eh?”
Ho scosso il capo.
“E perché?”
“Perché se lei ti dice tutto, tu non puoi immaginare più niente.”
La ruota ha continuato ad andare su. Io e Alessia ci siamo stretti al finestrino, posando le mani sul vetro, vicinissimi. Anche se avevo la mascherina ho sentito il profumo dei suoi capelli a molla. Sapevano di lecca lecca, di fragole, di cose buone.
“Chissà chi ci vive in quella casa dalle finestre verdi”, ha detto Alessia quasi fra sé. “Chissà se hanno un cane?”
Era impossibile rispondere a una domanda così e quindi non ho detto niente, ma a lei non sembrava importare. Faceva intanto altre domande.
“Chissà dove corre quella macchina, così di fretta. E perché quei due ragazzi stanno litigando.”
Allora ho capito una cosa di Alessia: e lei piacciono un sacco le domande. Specie quelle assurde. Delle risposte giuste o sbagliate, invece, non gliene importa un fico secco.
“Quei due ragazzi stanno litigando perché lui non vuole prendere il gelato”, ho detto.
“Oppure perché lei, prima, l’ha fatto cadere sulla pista.”
“Oppure perché lui l’ha presa in giro per qualcosa.”
“Stanno litigando perché si vogliono bene.”
Nel frattempo il giro sulla ruota è finito. Prima di salire in macchina, quando ero proprio sicurissimo che sua mamma non sentisse, mi sono avvicinato ad Alessia e le ho chiesto:
“Perché quel giorno hai dato un calcio a me? Era Ettore che non voleva farti giocare.”
Mi aspettavo che non rispondesse, come al solito, e invece è diventata rossa tipo prima, sulla ruota. E poi ha fatto un mezzo sorriso ché subito le sono spuntate le fossette, e ha detto: “Perché io volevo giocare con te, non con lui.”
“Ah”, ho detto, e ho guardato da un’altra parte.
E ho pensato che una risposta così bella, così perfetta, nemmeno la bambina che sa tutto me l’avrebbe saputa dare.
Nicoletta Verna (1976) è nata a Forlì ma vive a Firenze, dove si occupa di
comunicazione e web marketing nel settore editoriale. È autrice di saggi e volumi
su media e cultura di massa e ha scritto racconti per riviste, quotidiani (La
Repubblica, Carie, Crack) e per l’antologia Toscana segreta (Gruppo Editoriale
GEDI, 2021). Il suo romanzo d’esordio Il valore affettivo (Einaudi Stile Libero,
2021) ha ottenuto la Menzione Speciale della Giuria al Premio Italo Calvino e
il Premio Opera Prima Severino Cesari.
Dal numero zero di Biro